lunedì 20 settembre 2010

"io non mi sento italiana, ma per fortuna o purtroppo lo son..."

La politica interna italiana, ormai, mi è imperscrutabile -nel modo più assoluto- e ritengo che si tratti di un sentimento comune ad una moltitudine di elettori.
Naturalmente ho omesso di esercitare il diritto al suffragio universale all' incirca nell' ultimo decennio, e più precisamente quando è apparso chiaro che in realtà non c'è stato prima, non ci sarebbe stato durante, e dubito sempre più che potrà essere presto, un governo sinceramente determinato a risolvere il conflitto di interessi che grava come una montagna sulla società civile.

Ora, questo è IL male del nostro Paese: il male-capo originario della stagione della "seconda Repubblica", da cui si sono ramificati gli altri mali-gregari. Quel male, una volta assimilato e metabolizzato (e chi lo cita più? E' argomento noioso e fuori moda), ha consentito, una volta consolidatosi in un valore negativamente paradigmatico e dalla natura invincibile, ogni altra porcata.

Noi Italiani abbiamo memoria labile, che si risveglia a singhiozzo durante le commemorazioni di Stato, e poi si riassopisce repentinamente. I nostri "risvegli" hanno carattere patologico, come isterico, simili ai sussulti di chi è affetto da epilessia: poi passano, ed il sonno continua. Forse non riusciremo mai a liberarci definitivamente dalla natura servile e qualunquistica che pare costituire la genetica nazionale. Forse non siamo esattamente Nazione, se non durante i campionati di calcio. Ed ora, con questa potente passione secessionista, lo dichiariamo anche senza vergognarcene.
Certo, siamo stati eroi, navigatori ed artisti: ma questi, per definizione e di fatto, sono sempre i meno, non già i più...

Confesso d' essere perplessa, perennemente in bilico tra la timida speranza di aderire, di partecipare, di riconoscermi, di affrattellarmi in qualche anche ristretto consorzio umano, e l' ineluttabile impossibilità di farlo, per questioni di onestà intellettuale. Imbroglioni: mi hanno polverizzato i sogni.

Nonostante loro, in tanti siamo rimasti onesti: è una specie di miracolo.
Sono e rimango, infatti, perfino eccessivamente rispettosa dell' altrui sensibilità, ed eccessivamente preoccupata di provocare disagio od anche soltanto minima sofferenza nelle persone con cui mi rapporto. Non sono ancora riuscita a comprendere appieno per quale ragione esista in me una simile "sovrabbondanza di empatia", perché farne risalire le originarie motivazioni ad un generalizzato amore altruistico non mi reca piena soddisfazione e non mi dà affatto la certezza di averle compiutamente svelate. Di non essere Prometeo sono certa, ma non posso escludere affatto d' esserne stata una vicina parente, allora. Il fatto è che sono italiana.

Vabbé, il prologo lo potevo anche risparmiare, ma nella forma-diario, tutto sommato, esiste una grande libertà di stile: è consentito sia fingere l' esistenza di un interlocutore immaginario (impulso schizofrenico allo sdoppiamento di personalità, ma di indubbia efficacia e soddisfazione), sia la forma didascalica (noiosissima -ne convengo-, ma rivolta a platea immaginaria più ampia e pertanto maggiormente curata nella forma)

Da ragazza era più semplice: ero certa di sapere alcune fondamentali cose. Ciò che in definitiva succede sempre con il proseguire nel percorso della vita, però, è che tante più riflessioni, esperienze e conoscenze si aggiungono al personale bagaglio culturale, tanto più si infittiscono i dubbi su ciò che sia bene o male, giusto od ingiusto, sensato od assurdo. Nella giovinezza aderire entusiasticamente a Principi e ad Idee che si ritengono assoluti ed indiscutibili è più agevole, essendo meno rodata la frequentazione con la complessità umana e della stessa vita.

Poco a poco si scoprono le sfumature, le doppiezze, le contraddizioni dell' animo umano che, quando non rivestano una connotazione completamente negativa, hanno l' effetto di costringere a rivedere ogni precedente certezza e far ricominciare tutto daccapo. E' così che si cresce: ampliando lo spettro della consapevolezza.

Nonostante la mia indole -come quella di tutti-, sia immutabile, - perchè rappresenta ciò che io sono e sarò e perchè è in me connaturata-, io non posso accettare un' idea per semplici e comode ragioni di coerenza o continuità: sposerò l' idea soltanto se la sentirò completamente giusta e nel momento preciso in cui mi coglierà il sospetto che questa abbia perduto gli attributi per cui me n' ero appropriata, sarò costretta a rivederla e forse pure a respingerla.

Inutile sottolineare che una simile circostanza s' è verificata, in questa fase di adulta maturità, molte volte. Mi succede ogni giorno osservando e talvolta subendo la realtà, gestendo i miei rapporti umani, amicali, sentimentali. Mi succede incessantemente nelle mie opinioni politiche, che all' epoca delle passioni giovanili parevano inossidabili, e di certezza abbacinante.
Gli uomini, con la loro attitudine alla meschinità ed al calcolo, con la loro molle predisposizione alla ricerca del vantaggio egoistico, con la loro scarsa memoria, hanno il devastante potere di mortificare ogni bella utopia e di relegarla nell' astrazione, preferendo alla realizzazione delle Idee i loro piccoli particolari vantaggi materialistici e triviali.
Dal mattino alla sera, ciò che era "sacro" viene demonizzato e cristallizzato in una teca di dura riprovazione. Ma le famigerate "ideologie", in realtà, per i più puri di cuore, per i non-dirigenti di apparato, erano atti d' amore per l' Umanità.

La sincerità con me stessa è il solo caposaldo della mia vita, e non esiste la possibilità, in me, che alcun dogma lo faccia retrocedere. Non ho perciò alcun timore ad affermare che se la mia passione politica non ha idealmente cambiato connotazione, e continua a palpitare per i più deboli, i diseredati, gli sfruttati, gli infelici, i poveri, gli oppressi, oggi non c' è uno soltanto dei suoi rappresentanti ufficiali che non mi disgusti per l' impressionante grado di ipocrisia e contraddizioni di cui si macchia.
Tradire la fede altrui e le proprie stesse parole -come fanno oggi i politici-, fare scempio senza scrupoli di principi in rispetto dei quali qualcuno un tempo ha dato anche la vita, permettere che ciò che si dice sia apertamente in contrasto con ciò che poi si intende fare, non è soltanto disdicevole, ma è, anche, irresponsabile e criminale.

Ecco, volevo dire questo ai responsabili tutti della gestione del potere ed ai capi dei partiti italiani: siete indegni e privi di diritto di rappresentanza: gli uni per incapacità; gli altri per attitudine alla tirannia.
E non voterò neppure questa volta.
m.m.

Nessun commento:

Posta un commento