domenica 22 agosto 2010



Ma come si fa a sopravvivere in un mondo come questo...

Laddove non è il monsone a trascinarti  in una tomba di orribile fango, ci penseranno i tuoi simili (con la loro mostruosa abilità  di porti di fronte allo smottamento del tuo stupido romanticismo e delle tue pudiche aspettative ideali nei loro confronti) a farti desiderare di estinguerti, una volta per tutte e scendere definitivamente da questa giostra rotta.
Perché, sciocca come sei, ogni volta accordi loro mille attenuanti, preferendo la loro immagine filtrata dal tuo insopprimibile bisogno di sogno -dalla tua innocente fantasia- alla coraggiosa osservazione disincantata del loro volto interiore (pur a te immediatamente conoscibile), spesso orribile a contemplarsi, come il ritratto del maledetto Dorian Gray.
Quando pensi a quante -ormai innumerevoli- volte tu abbia consentito a te stessa di bere dall' amaro calice della mortificazione e della disillusione, a causa di tale imperdonabile tua velleitaria crociata narcisistica -ma dai fini innocui-,  senti di odiare molto di più te e la tua spocchiosa caparbietà, che coloro sui quali ingannevolmente contavi o speravi.
Sei testarda e stupidamente ingenua, puerilmente e sotterraneamente convinta che basti volere  intensamente qualche cosa perché questa, poi, si realizzi, pur con la tua attiva collaborazione;  ma ciò che veramente grava sull' anima, e la ferisce, e la colma di disgusto, è quando subisci l' ignavia e la piccineria dell' amico che amavi -nonostante la sovrabbondanza dei suoi difetti- e che pareva ti amasse, mentre in realtà ciò gli è sempre stato, gli è e gli sarà in eterno precluso per sua personale sindrome di anaffettività.
E' giusto detestarsi per errori tanto grossolani, ma esistono abbondanti e comprensibili giustificazioni a tuo favore...
Ecco che, di conseguenza, sei costretta al distacco e per quel distacco sarai giudicata crudele ed insensibile.

Non esiste una sola possibilità di  esercizio in pienezza di sani, soddisfacenti e duraturi rapporti amicali, perché l' amico uomo non riuscirà ad eludere le sue tempeste ormonali e ne resterà confuso, dimenticando ogni incipit, e l' amica donna inciamperà sovente in meccanismi assurdi di sciocca rivalità o mimetismi appiattenti.

... ma tu, invece, giudicavi l' Amicizia il massimo dei beni cui il mortale intelligente potesse aspirare...

giovedì 19 agosto 2010

Sanctus Sanctus Domine Deus


... così, mi par di capire, basta morire per diventar belli.

E' un' equazione semplicissima.
A tutti coloro che coltivano velleità di "santificazione", anche tutta laica, naturalmente, consiglio di ... morire.
Tu muori e subisci la santificazione per direttissima, in ogni luogo e circostanza, nei piccoli come nei grandi palcoscenici, nel privato e nel pubblico. 
Ne godrai a prescindere, comunque, e certamente.
Ciò dovrebbe essere di impareggiabile consolazione per ogni narcisista e mitomane della Terra.
Il naturale inevitabile evento della morte è anche il lavacro della nostra verità in vita. Da morti ci trasfigureranno, attraverso l' ultima definitiva manipolazione, e con grande facilità guadagneremo l' affetto, la stima, l' eterno rimpianto di amici e nemici, talvolta perfino degli sconosciuti.
... e pensare a come sia cavilloso ottenere simili tributi da semplici viventi!

Funziona per chiunque, ma nel caso di individui  più o meno meritatamente"famosi", questa deduzione è addirittura abbacinante.

Guarda lì: la porno star di basso rango (ammesso che ne esista uno alto) e stratosferici guadagni, fulminata da un cancro, prima impercettibilmente, poi sempre più spudoratamente, subisce il processo santificatorio di cui sopra e diventa la dolce ragazza sognante (a dir del fidanzato, nella vita "vera" timida e pudica), un po' intellettuale (anche!, con Wilde sul comodino), dall' indubbio talento artistico (sì, pourquoi-pas? l' arte del lubrico, dell' indecente, del prurito triviale...); il re della mediocrità televisiva, reo non so se inconsapevole (ma penso di sì) con tutti i suoi affini della decadenza culturale di massa che ha obnubilato le (peggiori ma maggioritarie) menti degli spettatori di questo Paese, alfine estinto per tardivo termine, si trasforma in un' icona d' inestimabile valore storico e di eterno rimpianto; la rock-star pedofila e tossica,  uomo nevrotico fattosi merce e specchio, transeunte pelle nera che sfuma in bianco, getta nella disperazione, letteralmente, migliaia di fans, e poi, eccetera, eccetera, eccetera...: perdite inestimabili...

... ma i politici... I politici, ... quelli..., quelli, dopo morti, si trasformano TUTTI, in Grandi Statisti. E' certo, perfino matematico.

Civiltà bugiarda. 

lunedì 9 agosto 2010

Ma basta!

... con queste mascherate velleità e lo sfoggio di purezza od onestà intellettuale di tutti i ben-viventi, i ben-pensanti maestri di tolleranza (di moda e di comodo), gli eruditi smaglianti, tronfi di malcelato orgoglio, i mistici e i loro dèi-Narciso, coloro che imbrogliano sè  stessi con l' illusione d'essere i puri artefici del loro stesso Pensiero o del loro Dubbio.
Basta a chi piange l'esistenza dall' uscio di una reggia piena di forzieri d' oro.
Non è che desiderio insaziabile e frustrato il loro "cosmico dolore". 
E' l' amigdala, la parte meno nobile del cervello, che guiderà comunque, passo dopo passo, il loro percorso vitale.

sabato 7 agosto 2010

Lo schifo


La domanda retorica ricorrente è: "ma è soltanto la nausea la conquista finale dell' individuo?"
No, cerchiamo d' essere esatti.
C' è di peggio.
E' lo schifo.
Lo schifo è anche peggio: intollerabile.
Mi sovviene Pavese, in questo esatto istante e m' accorgo della preoccupante affinità.  All' incirca doveva suonare così (non sono certa che sia una citazione letterale): "Basta. Tutto questo fa schifo. Non scriverò più una sola parola."

Ora mi sfogo sul serio. Dico tutto. Tanto mi legge esclusivamente la sola persona che mi ami davvero e da sempre e per sempre: mia sorella. Ciao dolce -proviene direttamente dallo schermo, come la voce dalle pagine del libro "La storia infinita"-.

Io voglio capire l' origine dell' inghippo, laddove puntualmente si inceppa il meccanismo della comunicazione umana e si origina il malessere, quantomeno il mio.
Devo comprendere fino a che punto gli altri -tutti coloro che stanno fuori di me- ne siano consapevoli e perchè, eventualmente, insistano sull' atteggiamento connivente. Già: mi riferisco alla connivenza con l' elemento ipocrita di ogni atto umano, che, se può essere compreso e reso strumentale a determinati fini pratici ( relazioni professionali, ad esempio), non ha senso alcuno né giustificazione nei rapporti affettivi, amicali, strettamente inter-personali e privati.

Vorrei capire perché la gente s' è abituata in modo tanto generale a mentire o a comunicarsi frivolaggini, ma soprattutto perché, ogni qualvolta mi sia successo di rilevarlo, di smascherarla, di chiedergliene conto, mi si dica puntualmente "...tu sei troppo esigente, bisogna tollerare, compassionevolmente capire, scusare, sorvolare...", dando per scontata una certa dose di marcescente doppiezza nei rapporti infraumani. In questo modo diventa praticamente automatico meritarmi un più o meno sotteso giudizio di rigida intolleranza e disumanità.

Rispondere a ciò presuppone inoltre di comprendere perché mai si sia tutti piuttosto inclini a santificare gli alibi e le debolezze -quando non addirittura le più indigeste storture o sopraffazioni-, anziché le virtù.
Nel meccanismo mimetico desideriamo -evidentemente- più di ogni altra cosa, assomigliarci, e poco importa se il modello cui ci ispiriamo sia grazioso o nefando.
Senza di esso non si spiegherebbe il motivo del generale rincoglionimento da mass-medializzazione principalmente televisiva che la civiltà odierna sta subendo.
Spegneteli, quegli schermi insulsi, salvatevi i neuroni ancora illesi.
E' altresì evidente anche che risulti più facile essere malvagi e laidi -o semplicemente imbecilli-, piuttosto che il contrario.
Ma perché?
Io non riesco a capacitarmene: le energie impiegate per essere sono le stesse ed ogni atto ha valenza relativa.
Dunque?
Mah...